Un cervello, due lingue: vantaggi linguistici e cognitivi del bilinguismo infantile Antonella Sorace Università di Edimburgo

01.09.2013 15:58

"Un cervello, due lingue: vantaggi linguistici e cognitivi del bilinguismo infantile "

Antonella Sorace 

Università di Edimburgo 

"Il mantenimento della diversità linguistica, in Italia e nel resto dell’Europa, dipende 

dalla trasmissione delle lingue da una generazione alla successiva. Capire e 

incoraggiare il bilinguismo nei bambini è una componente essenziale di questo 

processo. Gli interventi legislativi a favore delle lingue minoritarie, per quanto 

tempestivi ed efficaci, non possono compensare il fatto che queste lingue vengono 

parlate da un numero decrescente di famiglie. E’ importante quindi avere una corretta 

informazione sui fatti del bilinguismo: capire quali sono i pregiudizi comuni nei 

confronti del bilinguismo, quali sono i vantaggi che esso invece comporta per il 

cervello del bambino bilingue, e in che modo il bilinguismo precoce può offrire un 

contributo vitale al mantenimento delle lingue minoritarie. 

Crescere con due lingue viene ancora considerato fuori dalla norma nelle nostre 

società, e il bilinguismo è spesso circondato da pregiudizi e disinformazione. 

Molti credono ancora che imparare due lingue richieda uno sforzo cognitivo per il 

cervello del bambino piccolo, o che due lingue tolgano spazio e risorse allo sviluppo 

cognitivo generale. Queste opinioni sono spesso alla radice delle decisioni prese dalle 

famiglie, dagli insegnanti e dai politici, e quindi finiscono per influenzare la vita 

stessa dei bambini che avrebbero l’opportunità di crescere bilingui. Molti genitori, 

pur volendo che i loro figli parlino due lingue, sentono dire che l’esposizione a due 

lingue causa problemi e quindi accantonano il progetto del bilinguismo ancor prima di 

averlo veramente sperimentato; oppure decidono che sia meglio aspettare per parlare 

una delle lingue fino a quando la prima lingua si è ‘stabilizzata’, per poi scoprire con 

amarezza che è troppo tardi, o troppo difficile, introdurre la seconda lingua. Se il 

genitori invece riescono a stabilire un ambiente bilingue per i figli in età prescolare, 

può accadere che, una volta iniziata la scuola, gli insegnanti attribuiscano al 

bilinguismo la responsabilità di eventuali problemi scolastici. In questa situazione 

molte famiglie sono tentate di abbandonare l’educazione bilingue, nonostante 

funzioni, e di cercare di ristabilire un ambiente monolingue per risolvere il problema. 2

A questi pregiudizi negativi nei confronti del bilinguismo a volte si contrappongono 

idee di segno opposto, ma anch’esse dovute a mancanza di informazione: ad esempio, 

la convinzione che il bilinguismo sia la conseguenza spontanea ed inevitabile del fatto 

che i genitori parlano due lingue diverse. Le famiglie potrebbero così credere che 

basti parlare ognuno nella propria lingua, magari un’ora al giorno, per garantire lo 

sviluppo bilingue, salvo poi accorgersi che il bambino non parla la lingua minoritaria. 

Diffusa è anche l’idea che il bilinguismo infantile sia sì utile, ma soltanto se entrambe 

le lingue sono a larga diffusione, e che quindi non valga la pena che il bambino impari 

una lingua minoritaria usata da un gruppo relativamente ristretto di parlanti. In molti 

casi, questo è uno di motivi del declino delle lingue di minoranza nelle ultime due 

generazioni. 

La ricerca recente sul cervello bilingue ha contribuito non solo a sfatare i pregiudizi 

negativi sul bilinguismo, ma anche a dimostrare che lo sviluppo bilingue nei bambini 

comporta molto di più della conoscenza di due lingue: in aggiunta a benefici ben noti, 

come l’accesso a due culture, la maggiore tolleranza verso le altre culture, e gli 

indubbi futuri vantaggi sul mercato del lavoro, il bilinguismo conferisce benefici 

molto meno conosciuti, ma forse anche più importanti, sul modo di pensare e agire in 

diverse situazioni. 

Per comprendere questi effetti del bilinguismo bisogna innanzitutto partire dal 

presupposto che il cervello è perfettamente in grado di ‘gestire’ due o più lingue 

simultaneamente fin dalla nascita. Basta pensare che in molte parti del mondo è 

perfettamente normale crescere multilingui, e semmai è il monolinguismo a 

rappresentare l’eccezione. Inoltre, il cervello ha la massima ricettività nei confronti 

del linguaggio nei primi anni di vita: i bambini, infatti, imparano qualsiasi lingua, o 

varietà di lingua, senza sforzo, esattamente come imparano a camminare. Il 

bilinguismo infantile è quindi diverso dall’apprendimento di una seconda lingua in età 

adulta: è un processo spontaneo che ha luogo se il bambino ha abbastanza opportunità 

di sentire le lingue e sufficiente motivazione ad usarle. 

L’esperienza di gestire due lingue fin dall’infanzia si riflette in una serie di effetti 

positivi in ambiti sia linguistici che non linguistici. Uno di questi effetti è una 

maggiore conoscenza spontanea della struttura del linguaggio. I bambini bilingui 

‘notano’ intuitivamente la struttura e il funzionamento delle lingue. I genitori spesso 3

osservano come i figli bilingui ‘giochino’ con le lingue, mescolando gli accenti o 

provando traduzioni impossibili (e a volte comiche) da una lingua all’altra. Inoltre, i 

bambini bilingui hanno una maggior abilità di distinguere tra forma e significato delle 

parole: questo è in parte dovuto al fatto che possiedono due vocaboli per lo stesso 

referente e due modi di esprimere lo stesso concetto. In parte grazie a questa maggiore 

abilità metalinguistica, molti bambini bilingui imparano a leggere prima dei 

monolingui: questa abilità di lettura precoce, che è stata riscontrata in particolare 

nell’apprendimento dei sistemi di scrittura alfabetici, deriva dal fatto che i bilingui 

sono facilitati nel riconoscimento del sistema di corrispondenza tra lettere della lingua 

scritta e suoni della lingua parlata. Inoltre, la conoscenza intuitiva della struttura delle 

lingue avvantaggia i bambini bilingui nell’apprendimento di una terza o quarta lingua, 

come viene spesso osservato sia dalle famiglie che dagli insegnanti. 

Un altro beneficio poco noto del bilinguismo è una maggiore e più precoce 

consapevolezza che altre persone possono vedere le cose da una prospettiva diversa 

dalla propria. Questo ‘decentramento cognitivo’, conosciuto dagli psicologi come 

‘teoria della mente’, viene normalmente raggiunto dai bambini bilingui circa un anno 

prima di quelli monolingui. Il vantaggio sembra essere collegato alla pratica costante 

di valutare la competenza linguistica dell’interlocutore per adattare la scelta della 

lingua al tipo di persona con cui si parla (cioè se questa sia monolingue in lingua A, 

monolingue in lingua B, oppure bilingue in A e B). 

I benefici cognitivi più generali, e meno conosciuti, del bilinguismo, riguardano il 

controllo esecutivo sull’attenzione. La ricerca ha dimostrato che i bilingui sono di 

solito avvantaggiati, rispetto ai coetanei monolingui, nel passaggio rapido da un 

compito ad un altro quando entrambi i compiti richiedono attenzione selettiva e 

capacità di ignorare fattori interferenti. Le differenze tra monolingui e bilingui 

persistono in età adulta e sono state riscontrate anche negli adulti che sono cresciuti 

con due lingue dall’infanzia. Qual’è il legame tra il bilinguismo e il controllo 

esecutivo? Il fattore principale è che le due lingue dei parlanti bilingui sono sempre 

attive simultaneamente nella mente. I bilingui quindi sviluppano un meccanismo di 

inibizione che consente loro di mantenerle separate, in modo tale da limitare 

l’interferenza della lingua non in uso su quella in uso. Quindi l’esperienza 

constantemente ripetuta di inibire una lingua quando si parla l’altra si riflette in altre 4

attività che richiedono attenzione e controllo esecutivo, potenzialmente migliorando 

l’abilità di eseguire più compiti cognitivi contemporaneamente o in rapida 

successione. Alcuni risultati preliminari suggeriscono che alcuni di questi vantaggi 

cognitivi vengono mantenuti nella terza età, proteggendo in qualche modo i parlanti 

bilingui dal declino delle funzioni cognitive che in genere accompagna 

l’invecchiamento e ritardandone i sintomi. E’ importante notare che se i benefici del 

bilinguismo derivano dalla pratica costante di inibire una lingua mentre viene usata 

l’altra, questo avviene in tutti i bilingui, indipendentemente da quali lingue parlino. 

Non esistono quindi lingue ‘inutili’, e risulta evidente quanto sia vantaggioso 

l’apprendimento delle lingue minoritarie. 

Una delle preoccupazioni più comuni delle famiglie bilingui è che i bambini 

confondano le due lingue e che finiscano per non parlarne bene nessuna, in particolare 

la lingua di maggioranza . La ricerca recente ha completamente screditato questa idea. 

Usando nuove tecnologie in grado di misurare se i bambini riescano a distinguere 

stimoli diversi nei primi mesi di vita, i ricercatori hanno scoperto che le capacità 

percettive dei bambini, sia monolingui che bilingui, sono molto sofisticate anche nel 

periodo neonatale. In generale, tutti i bambini sanno riconoscere i suoni della propria 

lingua molto prima di iniziare a parlarla. I bambini bilingui di pochi mesi distinguono 

foneticamente e ritmicamente le loro due lingue (anche se sono simili, come lo 

spagnolo e il catalano) e le differenziano da altre lingue non conosciute. 

Questo breve riassunto della ricerca dimostra complessivamente che il bilinguismo 

infantile, lungi dal provocare danni, può al contrario comportare notevoli benefici 

cognitivi, specialmente se il bambino è esposto a entrambe le lingue dalla nascita 

nella prima infanzia e se continua a praticarle entrambe. Ne consegue che non ha 

senso aspettare che una delle lingue si sia ‘stabilizzata’ prima di introdurre la seconda, 

come credono molti genitori, in quanto questo priva il bambino dell’input in quella 

lingua proprio nel periodo piu’ ricettivo. 

Un discorso a parte merita l’atteggiamento delle famiglie e della società nei confronti 

del bilinguismo e in particolare del valore delle lingue minoritarie. I bambini sono 

sensibili alle attitudini familiari e sociali verso la lingua e si rendono facilmente conto 

se una lingua viene considerata poco importante. E’ quindi fondamentale, al fine di 

creare un terreno fertile al conseguimento dei benefici cognitivi del bilinguismo, che 5

entrambe le lingue siano apprezzate dalla famiglia e dalla comunità. Questo comporta 

uno sforzo per rendere il bambino consapevole che entrambe le lingue si possono 

usare in tutte le situazioni e che entrambe vengono parlate da molti altri parlanti e non 

soltanto in famiglia. 

E’ attrettanto importante sapere che avere i genitori che parlano lingue diverse non 

garantisce, di per se stesso, il bilinguismo: i bambini hanno bisogno di sentir parlare 

entrambe le lingue in misura sufficiente. Se è vero che tutti i bambini imparano una 

lingua in condizioni normali, per impararne due essi hanno bisogno di frequenti 

opportunità di uso, tramite rapporti interpersonali anzitutto, ma anche tramite libri, 

video, giochi, e altri materiali che possano essere non solo una fonte di input ma 

anche un incentivo per il bambino a parlare la lingua. Questo vale soprattutto per una 

lingua minoritaria, dato che l’acquisizione dell’altra lingua (quella di maggioranza) è 

normalmente garantita dal fatto che il bambino vive nel paese che la usa come lingua 

standard. Non esiste un singolo metodo che funziona per tutti: il cosiddetto metodo 

‘un genitore-una lingua’, forse il più conosciuto, non è l’unico che possa essere 

adottato perchè ve ne sono altri (per esempio, solo lingua minoritaria a casa e lingua 

di maggioranza fuori casa, o viceversa) che si adattano meglio ad altre famiglie. 

Qualsiasi metodo funziona se riesce a fornire abbastanza input in entrambe le lingue, 

in situazioni in cui le lingue vengono valorizzate e il bambino si sente motivato ad 

usarle. L’uso veicolare delle lingue minoritarie a scuola ha non soltanto l’effetto di 

aumentarne il prestigio, come dimostrato dai dati emersi dall’inchiesta di Gabriele 

Iannaccaro, ma comporta l’ulteriore vantaggio di fornire ampie opportunità di 

esposizione all’input in queste lingue. 

E’ difficile sopravvalutare l’importanza della diffusione di una corretta informazione 

sul fatti e i benefici del bilinguismo. A Edimburgo ci siamo recentemente fatti 

promotori di un servizio di divulgazione, Bilingualism Matters, che mira a aumentare 

la conoscenza e la consapevolezza dei vantaggi del bilinguismo infantile, in 

particolare quelli cognitivi che sono pressochè sconosciuti al di fuori della ricerca 

accademica. Il servizio offre seminari a vari settori della comunità e materiali 

divulgativi in un sito web; si occupa di vari tipi di bilinguismo, incluso quello 

introdotto dall’immigrazione e quello che coinvolge le lingue minoritarie autoctone, 

come il gaelico. Il grande successo di questa iniziativa è un segnale esplicito di quanto 

possa essere importante l’informazione tra i genitori, gli insegnanti, gli alunni, ma 6

anche tra gli amministratori e i politici. La nostra esperienza dimostra che tutti questi 

gruppi si sentono incoraggiati a perseguire lo scopo di un bilinguismo attivo, una 

volta venuti a conoscenza dei benefici che l’educazione bilingue comporta. In diverse 

località si stanno sviluppando iniziative analoghe da parte di persone coinvolte nelle 

realtà linguistiche locali, e quindi maggiormente capaci di adattare il messaggio alle 

loro specifiche circostanze. 

In conclusione, qualunque intervento legislativo a sostegno e tutela delle lingue 

minoritarie che ne (ri)valuti la funzione comunicativa è in accordo (almeno implicito) 

con i risultati della ricerca linguistica e cognitiva sul bilinguismo infantile, ma 

troverebbe un terreno più fertile se venisse accompagnato da interventi tesi a 

diffondere nelle comunità la conoscenza e la consapevolezza dell’importanza del 

bilinguismo in lingua minoritaria per la mente del bambino. Il messaggio da 

trasmettere urgentemente è che la possibilità di far crescere i propri figli bilingui, 

nelle comunità dove si parlano lingue minoritarie, è un’occasione preziosa da non 

sprecare. 

Bibliografia 

Bialystok, E. 2001. Bilingualism in Development: Language, Literacy, and 

Cognition. Cambridge: Cambridge University Press. 

Grosjean. F. 1982. Life with Two Languages. Cambridge, MA.: Harvard University 

Press. "

Grosjean, F. 2010. Bilingual: Life and Reality. Cambridge, MA: Harvard University 

Press. 

Sorace, A. and Ladd, D.R. 2004. Raising bilingual children. Linguistic Society of 

America: https://www.lsadc.org/info/pdf_files/Bilingual_Child.pdf.